Parlare di donne di Paesi lontani in un’elezione regionale può sembrare strano. Eppure ascoltare le storie delle nostre sorelle iraniane e afghane, confrontarsi con loro su quella che è la storia recente del nostro Paese, ci ricorda ancora una volta che i diritti delle donne non sono mai acquisiti per sempre e scontati, vanno sorvegliati e riaffermati continuamente, come ci diceva Stefano Rodotà.
Ce lo ricordano le donne iraniane e afghane, ma anche le donne del Rojava, quelle violentate nei lager libici, le donne trattate come bottino di guerra, le spose bambine.
I dati sulla violenza in Italia, e nel Lazio, sono scoraggianti. Ma gli odiosi femminicidi sono solo la punta di un iceberg. È un problema che ha radici culturali profonde, fatto di pregiudizi, fanatismi religiosi, retaggi culturali e anche normative che affondano le radici nel fascismo.
Ci sono moltissime cose che la Regione potrebbe fare. La prima parola chiave è prevenzione, cioè lavoro culturale ed educativo. Particolare attenzione va quindi alla scuola, in cui si devono integrare subito attività che facciano scoprire ai più giovani la bellezza della diversità e del rispetto per l’altro. A partire da e con loro possiamo abbattere il patriarcato e ambire a una società paritaria a tutti gli effetti.
E poi costruire reti distrettuali tra i centri antiviolenza sul territorio, assumere le figure professionali necessarie (come psicologi, assistenti sociali, ginecologi) e garantire loro una formazione all’avanguardia a partire dai dati sul fenomeno, diffondere il metodo di funzionamento dei centri alle donne che ne hanno bisogno e che spesso non sanno da dove partire.
Nella sanità, focalizzare il fenomeno della violenza ostetrica, per cui abbiamo proposto la presenza fissa di una doula, una figura paramedica affinché le donne non siano più sole in un momento così delicato ed importante.
Perché oggi abbiamo ancora bisogno di femminismo? Perché in uno spazio sicuro le donne si sentono libere di parlare dei propri problemi, problemi che spesso sono cardine per comprendere ciò che non funziona in una società, e noi che di questa società vogliamo occuparci abbiamo il dovere di ascoltarle.
Ringrazio tutte le donne che sono intervenute Parisa Nazari Robina Hajizada Simona RossittoAnnamaria GrazianoPaola Ilari, la moderatrice e amica Roberta Ferruti, il mio compagno di strada Massimo Iantosca DEMOS, che ci ha offerto un punto di vista diretto di chi lavora nella sanità sul territorio da decenni, il prezioso intervento dell’Onorevole Paolo Ciani, chi ha contribuito dietro le quinte e chi ha partecipato