Cooperazione istituzionale tra Regione e Comuni, in primis tra Regione e Comune di Roma per risolvere i numerosi problemi a monte del disagio abitativo. Per noi questo è il punto essenziale attorno al quale devono ruotare le politiche per la casa del nuovo governo regionale.
Nel Lazio l’aggravamento delle condizioni dell’abitare per le famiglie povere riguarda in primo luogo la capitale. I nuclei familiari in attesa di assegnazione di una casa popolare sono 13.000, mentre solo nel 2019 sono state emesse 4.200 sentenze di sfratto per morosità e avanzate 7.200 richieste di esecuzione di sfratto in tutta la provincia. Inoltre c’è il problema del censimento dell’utenza che usufruisce degli alloggi popolari e di chi è in regola e di chi non lo è. Una mappatura è necessaria anche per capire quali alloggi sono sfitti e possono essere riutilizzati e riassegnati subito.
A questo si aggiunge la necessità di provvedere alla manutenzione del patrimonio alloggiativo pubblico esistente e di crearne di nuovo riutilizzando il costruito, grazie ad immobili dismessi dello Stato o di altri enti territoriali. Si pensi alle ex caserme del ministero della Difesa.
La disponibilità di maggiori risorse è essenziale ma serve inquadrare il disagio abitativo in tutti i suoi aspetti. Oltre alle liste di attesa per gli alloggi, c’è il dramma delle occupazioni e delle famiglie che non riescono a trovare altre soluzioni, c’è la dispersione di risorse ingenti per pagare i residence privati senza che siano risolti i problemi veri, c’è la necessità di un risanamento dei quartieri di edilizia pubblica e di affrontare il degrado del patrimonio abitativo pubblico.
Serve, insomma, un piano straordinario da realizzare con la collaborazione di tutti gli enti, anche dello Stato centrale. In un momento storico in cui la povertà aumenta il diritto all’abitare è, e deve essere una priorità.